Alcuni lo hanno già festeggiato, per altri deve ancora venire: L’ultimo giorno di scuola ormai è alle porte.
Come quasi tutti, anche io ho avuto molti “ultimi giorni”, di vario interesse e genere: Ultimo giorno di stage, ultimo giorno di vacanza, ultimo giorno di lavoro, ma l’ultimo giorno di scuola è sempre stato uno dei momenti più controversi nella mia vita.
Alle elementari e medie, neanche a dirlo, non me ne poteva importare di meno: Essendo il mio un paese piccolo, l’ultimo giorno di scuola significava solo l’arrivo delle vacanze, con gli amici ed i compagni di classe ci si sarebbe ritrovati al “barino” sotto casa.
Al liceo invece, sono iniziati gli ultimi giorni da menefreghista e quelli invece strappalacrime.
In prima superiore sono approdata in una classe dove non conoscevo nessuno, io non ho scelto la scuola perché ci andavano i miei compagni, ho scelto quella che mi piaceva e così sono entrata al Liceo Linguistico in una classe dove io ero l’unica ragazza del mio paese e non conoscevo davvero nessuno, mentre gli altri si conoscevano un po’ tutti. Ero un pesce fuor d’acqua.
Ben presto però si sono strette le prime amicizie e quando è arrivato l’ultimo giorno di scuola del primo anno, la situazione è stata un po’ traumatica: Grandi pianti, disperazione perché per tutta l’estate non avrei rivisto le mie nuove amiche etc etc…
Per i successivi quattro anni invece non me n’è fregato proprio niente, ho sempre vissuto l’ultimo giorno come una liberazione dallo studio, dai compiti e dalle interrogazioni, finchè non è arrivato lui: L’ultimo giorno di scuola dell’ultimo anno di superiori.
Credo davvero che questo sia uno degli “ultimi giorni” più importanti nella vita di un adolescente.
L’ultimo giorno dell’ultimo anno realizzi che è davvero finita, che magari tante di quelle persone con cui hai condiviso ansie e paure non le rivedrai più, poco importa se ci eravamo promessi di non perderci di vista.
Con l’ultimo giorno di superiori inizia una nuova vita e tutti intraprendiamo un nuovo cammino: C’è chi andrà all’università, chi inizierà a lavorare e chi, come me, si prenderà un anno sabbatico dal quale non uscirà più.
Ecco, per me l’ultimo giorno di scuola è stato proprio questo: Mettere la parole fine a tutto quello che c’era stato prima, poco importa se i tuoi compagni li rivedrai all’esame di maturità: All’esame di Stato, sappiatelo, non si guarda in faccia a nessuno, io avevo un tale carico di stress e paura che anche se la mia migliore amica mi chiedeva come stavo le rispondevo stile Bulldog con la bava alla bocca, pronta a staccargli la testa.
All’esame contavo solo io, le mie ansie e le mie paranoie, per cui i miei addii li ho fatti durante l’ultimo giorno di scuola.
In quell’aula aleggiava una nebbia di tristezza che era invisibile, ma palpabile. Riguardavo i banchi, i cartelloni ed i disegni appesi al muro, le incisioni sul banchino (lo so non si fa) il mio “sottobanco” che faceva tranquillamente concorrenza ad una discarica abusiva da tutta la roba che ci avevo ammassato…
Guardavo i miei compagni, con la speranza di ritrovarli, ma con la consapevolezza che molto probabilmente non li avrei più rivisti.
Alle prime ore tutto era tranquillo, primeggiava l’eccitazione, il fatto che cazzo, era l’ultimo giorno di scuola, fanculo ai libri.
A mano a mano che ci si avvicinava alla fine però, iniziavo a sentirmi inquieta, sempre più triste.
All’ultima ora, ho veramente realizzato e scoppiai a piangere.
Piangevo di sollievo, piangevo per la paura di non sapere cosa sarebbe successo da lì in poi, piangevo per i miei compagni, piangevo per le mie amiche e pensavo a tutto quello che mi sarebbe mancato:
I ripassi dell’ultimo minuto dieci minuti prima di un compito, i bigliettini da nascondere nei fazzoletti per copiare qualcosina ma che poi non usavo mai per paura di essere sgamata, le sigarette fumate in bagno tra un’ora e l’altra (anche questo non si fa), le discussioni con le bidelle quando mi trovavano a ciondolare per i corridoi, quel caffè schifoso della macchinetta che però senza non riuscivi a carburare, i professori così stronzi che però sono quelli che ti hanno insegnato a stare al mondo, i professori più alla mano con cui riuscivi a ridere e scherzare, la soddisfazione di un bel voto e la tristezza di un compito andato male, le riunioni tra ragazze nel bagno dove si facevano i discorsi più seri ed importanti, l’eccitazione delle gite scolastiche, quella cartella che pesava dieci kg a causa di quello stupido vocabolario di latino….
Pensavo a quanto mi sarebbe mancato il suono della campanella, le focaccine del mio bar preferito sbocconcellate tra una lezione e l’altra perché ad aspettare la ricreazione proprio non ce la facevo, pensavo che mi sarebbe mancato persino alzarmi alle 6.00 del mattino per andare a prendere l’autobus, trovare un posto libero e dormire fino a che non arrivavo a scuola.
Mi sarebbero mancate le dediche sui diario ed ancora oggi conservo gelosamente tutti i diari delle superiori… Mi sarebbe mancato andare a comprare le cose per la scuola a settembre, le matite e le penne che non importa quante ne compri, ci sarà sempre quello che te la chiede in prestito e non te la ridarà mai.
Mi sarebbe mancato comprare le gomme da masticare e quando qualcuno mi chiedeva “Ne hai una?” fare la vaga e rispondere “No, non ce l’ho” per non finire il pacchetto.
Tutti questi pensieri però, venivano spazzati via alla fine degli esami, quando eri passata, quando l’ansia se ne andava e ti godevi l’estate senza preoccupazioni.
Quando poi però tutto finisce, questi pensieri tornano, alla grande.
In conclusione a questo monologo un po’ sconclusionato, vorrei dirvi che la malinconia dell’ultimo giorno di scuola è inevitabile, ci sono cose che vi mancheranno sempre anche molti anni dopo aver preso quel pezzo di carta per cui avete lottato così tanto.
Vi mancherà tutto di quella scuola che fino a poco tempo prima odiavate.
Perché in fondo è così, siamo fatti così: Ci rendiamo conto di quanto valga qualcosa solo quando non l’abbiamo più.
Per cui tenetevi stretti i vostri ultimi giorni, aggrappatevi ai vostri ricordi, conservate tutto quello che potete perché saranno proprio quelle le cose che vi mancheranno di più.