La lettera d’amore più bella del mondo – Una storia vera

Ciao Meraviglia,

Ti scrivo meraviglia, perché non posso dirtelo.
Mi chiamano pazzo i miei amici perché mi piaci da impazzire e tu nemmeno mi conosci. Non mi basterebbe nemmeno più dirtelo per renderne la misura mi piacerebbe urlartelo, gridarlo come se al mondo fossimo solo noi due. Te lo griderei sotto casa nel cuore della notte quando i rumori della vita spariscono o a mezzogiorno alla solita fermata della metro dove ti ho vista per la prima volta otto mesi fa chissà se basterebbe per mettere fine all’inutile vociare della vita. La mia di vita la tua presenza l’ha stravolta soltanto perché esisti. E non ci siamo mai parlati.

E’ bastato un attimo una mattina, era il primo giorno di lavoro a Milano volevo arrivare prima, fare bella figura, nele cuffie sparata a palla c’era Iris dei goo goo dolls, mi facevo largo tra la gente e tu mi sei venuta addosso con il tuo caffè tiepido. Volevo ucciderti, uccidere quella sconosciuta goffa che non era neppure capace di guardare dritta quando cammina, che mi aveva macchiato la camicia celeste che per scusarsi ha osato farmi un solo sorriso prima di dire uno svelto – scusami tanto ma devo scappare. E sparire dietro le porte della metro.

Ma ti avevo perdonata molto prima, esattamente quando hai sollevato il viso e mi hai guardato mortificata. Mi era bastato uno sguardo. Il tuo.
Sono rimasto altri due minuti impalato come un cretino, guardavo il punto in cui ti avevo vista sparire prima che un altro treno ingoiasse anche me. Avevi un giubbotto di pelle marrone, una spilla con il logo della Coca Cola attaccata a destra all’altezza del petto, i jeans strappati sulla gamba e l’aria di chi il mondo lo vuole divorare.Ero stregato, da quel giorno e per altri 7 mesi ho continuato ad alzarmi dal letto solo per quei pochi attimi di te. La mia giornata è durata due minuti per sette mesi.

Ogni giorno eri sempre tu, alla stessa ora, nello stesso posto con il solito bicchiere, tra noi solo sguardi e sorrisi che ogni volta il tuo treno portava via da me e mai nessuno dei due per quasi 200 giorni ha avuto neppure il coraggio di avvicinarsi. Ma parlavamo e sempre in silenzio. Era il nostro comunicare quello e io lo so, sapevo bene quando eri d’accordo con la scelta della mia giacca perché la guardavi prima di sorridermi o quando le scarpe non erano apposto facevi una smorfietta con il naso e poi scoppiavi in una silenziosa risatina. Per me eri bella sempre, con l’abitino rosso in agosto, con la camicia bianca e i pantaloni neri quando ti mettevi in tiro, con i famosi jeans strappati che mettevi quando ti sentivi allegra lo so perché avevi un aria felice quando li indossavi, quando avevi i capelli sciolti quando hai deciso di tagliarli, quando li legavi frettolosamente.

Ho pensato che un giorno ti avrei parlato davvero, ti avrei comprato dei fiori anche se sapevo non eri tipa da fiori, allora ti avrei preso dei cioccolatini e te li avrei regalati magari avrei avuto il coraggio io di dirti “Ciao” per primo.

Ma non l’ho mai fatto e oggi per questo mi odio, mi odio perché è una settimana che non ti vedo più alla stessa fermata della metro. Indosso la giacca che ti piace da sette giorni perché vorrei che tu mi guardassi ancora come la prima volta e come sempre.

Se potessi tornare indietro ad otto giorni fa giuro lo farei, manderei al diavolo i fiori, scenderei le scale veloce ti toccherei la spalla per farti voltare, mi avvicinerei al tuo viso con la mano e ti toccherei la guancia e poi il naso, non ti farei dire una parola perché ti bacerei, sarei disposto a prendermi uno schiaffo da te, un rifiuto da te ma sarebbero niente in confronto all’angosciante sensazione che provo da quando sei scomparsa. Darei tutto per vederti ancora quì. Se leggerai questa lettera scoprirai che ho scritto con il pennarello nero sulle mattonelle della metro, se leggerai questo messaggio che ha riempito buona parte del nostro muro allora chiamami il numero in faccia al mondo lo lascio io. Mi chiamino pur i maniaci di turno, i ragazzini stupidi.

Ma componilo anche tu appena lo vedi, non ho bisogno che tu mi chiami, basterà che tu mi scriva ciao.
E io capirò, capirò che sei riapparsa. Ti prometto che verrò io da te Mi butterò il cappuccino addosso e mi presenterò come un cretino da te. Ricominceremo tutti daccapo. Da qui. Da noi.
Ti propongo un caffè e poi di amarmi
Giacomo.

Questa lettera è apparsa su un muro della fermata Buenos Aires a Milano nel giugno de 2006, ero con una mia amica e l’abbiamo riportata qui. Giacomo se ci sei dicci com’è andata a finire e grazie perché ci hai regalato la lettera d’amore più bella del mondo.